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La storia di Giuseppe il nostro leone

Eri un desiderio dentro i nostri cuori, ora sei un miracolo tra le nostre braccia.

Salve a tutti, mi presento sono Federica ho 29 anni e vengo da Napoli, mi ritrovo anche io in questa pagina per raccontare la mia storia, anzi la nostra storia, della mia famiglia, per dare coraggio a chi come me, come noi si è ritrovato nella nostra stessa situazione, ad affrontare un figlio con ernia diaframmatica.
Io e mio marito Massimo ci siamo sposati a settembre 2022 coroniamo il nostro sogno dopo 8 anni di fidanzamento e decidiamo presto di allargare la famiglia,ma nonostante la giovane età il nostro fagiolino/a si fa attendere un bel po’ .
Dopo vari tentativi e un piccolo intervento subito con grande sorpresa arriva il nostro piccolino/a , sin da subito la gravidanza comincia male , molto male perdite, distacchi e siringhe di progesterone che mi costringono 3 mesi a letto. Ogni visita fatta era un colpo al cuore, la paura di perderti era tanta.
Dopo un lungo periodo di riposo forzato riprendo la mia vita di sempre, riprendo a lavorare e comincio a godermi il mio piccolo pancino che cresceva sempre di più, fino ad arrivare ad una notte dove per un emoraggia finisco in pronto soccorso, di nuovo ci risiamo un altro distacco.
Il dottore del pronto soccorso mi fece una visita molto accurata, fortunatamente il mio piccolino/a stava bene ma continuando la visita notò qualcosa di strano allo stomaco del mio bambino e, senza soffermarsi troppo, mi disse ritorni dal suo ginecologo.
Qualche tempo dopo vado a fare il mio controllo ecografico e il mio ginecologo mi rassicura che non ci fosse nulla.
Scopriremo qualche tempo dopo che sarai un bellissimo maschietto e decidemmo di chiamarti Giuseppe. La gravidanza continuava a procedere, questa volta anche abbastanza serenamente, visto che non avevo più nessun distacco o altro.

Arriviamo cosi al giorno della strutturale, ero emozionata non vedevo l’ora di vederti il tuo visto le tue manine, in cuor mio già ti immaginavo, procede tutto bene, fin quando non menzionò l’anomalia vista in pronto soccorso e il dottore ( che non era il mio ginecologo) si sofferma sul tuo torace e mi dice, già la sapevate questa cosa ? Guardo mio marito , li in un angolo della stanza con le lacrime agli occhi e capisco che c’era qualcosa che non andava. Il dottore esordisce cosi: ernia diaframmatica, destrocardite e torace con organi erniati tra cui intestino, stomaco milza e rene sinistro e mi prescrive una serie d’esami da fare, tra cui amniocentesi, ecocardiografia fetale e visita chirurgica neonatale. Dopo di li il vuoto più totale, il dottore continuava a parlare ma io non ascoltavo più e cosi con un senso di tristezza che torno a casa e mi chiudo in me stessa. Comincio cosi la mia ricerca su internet e fu cosi che trovai il gruppo Facebook della FaBED al quale mi iscrivo e il sito dove inizio a leggere le storie di altri bimbi.

Qualche ora dopo vengo contattata dal primo angelo custode che incontrerò durante questo percorso senza la quale io non sarei qui a scrivere questa storia Letizia; mi dice di chiamarla nel pomeriggio e io ancora molto scossa per la notizia ricevuta mi aggrappo a quelle che sono le sue parole e mi accordo con lei che se avessi avuto bisogno mi sarei fatta sentire.
Passa il weekend e il lunedi il mio ginecologo ci mette in contatto con quello che lui ritiene “il migliore” specialista di Napoli al Policlinico Federico II per quella malattia. Non sto qui a dirvi i nomi perché potrei essere denunciata ma mi auguro che nella vita mai nessuno si ritrovi a dover affrontare una notizia del genere con dei medici del genere.

Entro scopro la pancia mette la sonda, un’ecografia che dura pressoché 2 minuti, mi dice mando i valori a Milano e le faccio sapere, aspetti nella sala d’attesa accanto. Io e mio marito eravamo devastati ci sembrava surreale quello che stavamo vivendo era un incubo, dopo circa 20 minuti esce la dottoressa e ci dice “la situazione è molto grave, anche Milano non vuole intervenire con la tecnica in utero. Poichè la situazione è troppo grave e non avendo fatto ancora l’amniocentesi, non sappiamo se andiamo a intervenire su un feto sano. Le resta una cosa da fare signora, abortire, possiamo indurre il parto tenendo conto che in italia si può interrompere fino a 23 settimane”.

Esco in lacrime da quella stanza. Subito dopo ci accoglie la genetista, che ci fa un quadro ancora più nero della ginecologa, dicendo che il feto era malformato, che poteva avere danni cerebrali, che avrebbe avuto una sofferenza fetale dovuta alla mancata ossigenazione, che avrebbe avuto ritardo mentale e anche lei quindi ci consiglia di interrompere la gravidanza.
Uscendo dalla stanza, la prima cosa che mi viene da fare è contattare quell’angelo di Letizia la quale mi consigliò, prima di buttare tutto al vento, di sentire un altro parere.

E cosi facendo mi da il numero della dottoressa del Bambino Gesù di Roma, che era specilizzata in questo tipo di malformazioni. La chiamo subito e con le lacrime negli occhi e nel cuore, mi dice di andare da lei a Roma e di valutare insieme la situazione.
Torno a casa quella sera devastata io e mio marito piangevamo a dirotto eravamo in uno stato di shock completo, non riuscivamo a pensare ad altro ed a tutte le cose brutte che ci avevano detto.
Quella notte non dormimmo io passai tutta la notte a vomitare, dalla delusione, dallo schifo che avevo vissuto e come lo avevo vissuto.
Mi sono concessa una notte di debolezza, poi mi sono fatta coraggio e ho pensato perchè non provarci e partimmo per Roma.

La mattina seguente era il 19 marzo San Giuseppe, arrivammo a Roma e ci accolse il mio secondo angelo custode, un medico meraviglioso ma in primis una persona meravigliosa con il cuore e l’animo d’oro: la dottoressa Isabella Fabietti. Non dimenticherò mai come si è presa cura di me e di quanto io avessi bisogno di lei in quel momento.  Lei insieme alla psicologa la dottoressa Lucia Aite, un altro angelo fondamentale in questo percorso di vita.
Entrammo cosi nella stanza e effettuammo l’ecografia, ma già li si percepiva un clima diverso, una delicatezza, una gentilezza nel dire e pesare parole che fino ad ora nessuno aveva avuto.

Finita la visita usciamo dalla stanza e la dottoressa mi guarda e mi dice queste parole: sei arrivata qui il giorno di san Giuseppe, non è un caso. Genitori in condizioni peggiori decidono di proseguire, possiamo farcela, il mio bambino aveva l’ernia diaframmatica ma non era una forma severa come avevano detto giù Napoli, era una forma moderata-lieve. Il mio bambino avrebbe avuto il 70-80 % di possibilità di sopravvivere.
In quel momento io e mio marito non sapevamo cosa fare, se dara possibilità a Giuseppe , oppure interrompere comunque la gravidanza nonostante le sue possibilità di sopravvivenza. Decidemmo però di andare avanti.
Facemmo l’amniocentesi un altro duro colpo, 40 giorni di attesa per le risposte e dentro di me sempre più interrogativi: gli sto dando la possibilità di andare avanti ma se dovesse avere altro? come faccio? non potrei sopportarlo.
Arrivarono i risultati e fortunatamente i risultati mostravano solo un polimorfismo benigno, il nostro cuoricino non aveva nessuna sindrome o alterazione cromosomica associata all’ernia, era un caso isolato.
Passavano cosi le settimane, precisamente ogni due venivo monitorata, fino a quando non ci trasferimmo a Roma a 36 settimane, lasciai la mia casa con il pancione, non sapendo se sarei tornata con lui, se fosse tutto andato bene, perchè poteva anche esserci una piccola percentuale a nostro sfavore. La lascio cosi con una sola valigia per me, per lui non sarebbe servito nulla, almeno non nell’immediato e mi chiusi la porta di casa alle spalle.

Il 12 luglio 2024 ore 9:43 sei venuto al mondo, anche il parto non è stato facile, c’erano circa 40 persone in sala, tutte per lui, per il mio piccolino, cesareo programmato nasci, ti sento piangere, ti intravedo nell’incubatrice e ti portano via.
Torno all’ospedale dove ero ricoverata e mi sentivo vuota, senza di lui dentro di me, senza sentire i suoi calcetti, il suo singhiozzo, ero a pezzi, mio marito era con lui in TIN io soffrivo che non potevo stare con loro, ma esattamente 3 giorni dopo, quando mi hanno dimessa sono corsa da lui, lo stesso giorno che hanno deciso di operarlo.
E fu cosi che lo vidi la prima volta, in TIN pieno di elettrodi, intubato, due colonne di farmaci e la sensazione di non essere nulla, non potevo fare nulla per aiutarti.
Qui la tua prima foto:

L’operazione durò totale 3 ore , il difetto era bello grande ed hanno usato una patch per chiuderlo.
I giorni successivi sono stati i devastanti, non si dormiva, non si mangiava, si sperava solo che tutto potesse andare bene, ma tra alti e bassi ci sono stati dei grossi spaventi in cui Giuseppe poteva non farcela, ma hai sempre dimostrato di essere il mio leone e di avere una forza che a me, è mancata.
La tin era diventata la nostra casa, ogni giorno l’unica cosa che aspettavamo era un colloquio con i medici e che tutti i tuoi esami RX, emogas e prelievi vari fossero sempre nella norma. Ormai eravamo diventati degli esperti di monitor e di emogas.
Dopo 45 giorni di TIN, tra tanti alti e bassi il mio piccolo leone ha finalmente varcato quella porta, per poi salire in chirurgia e iniziare cosi la sua degenza.
Li mi sono sentita mamma, mi sono presa cura di lui, gli cambiavo il pannolino, gli davo da mangiare, potevo prenderlo in braccio, passare tante ore insieme e cosi dopo esattamente 2 settimane di chirurgia e il mio tampone negativo ( si nel frattempo ho avuto anche il covid) sei tornato a casa.
Voglio ringraziare chi come me si è dedicato a raccontare la sua storia, per me è stato fondamentale leggere di voi durante la degenza di Giuseppe mi ha dato forza e sono immensamente grata ai medici del ospedale pediatrico Bambino gesù per essersi presi cura del mio piccolo guerriero e di noi genitori. Ora abbiamo solo bisogno di recuperare il tempo perduto insieme e goderci finalmente la nostra famiglia , il mio pensiero va a tutti quei bambini che hanno lottato e ai loro genitori che hanno perso la loro battaglia , ma che restaeranno sempre nel mio cuore. Grazie FABED

Mamma Federica , Giuseppe e Papà Massimo

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